David Glassman, nato negli Stati Uniti ma residente negli ultimi quattordici anni della sua vita a Cassino, vicino a Roma, morì all’Ospedale Israelitico della capitale il 23 del mese di tammùz 5773, 1 luglio del 2013. Non essendo iscritto alla comunità ebraica di Roma, e non avendo prove sulla sua ebraicità, rav Lazar fece tutto il possibile affinché Glassman avesse un funerale ebraico.
David era un genio: ingegnere alla Telecom, parlava sette lingue, fra cui l’ebraico, aveva una grande conoscenza dell’ebraismo, e a suo nome aveva registrato tre brevetti.
Mentre viveva a Cassino, egli si ammalò e iniziò a frequentare la farmacia San Benedetto, nella quale acquistava le sue medicine. Qui fece amicizia con la proprietaria, la dr.ssa Marina Masia, e le altre farmaciste: Francesca Campagna e Michela Nardone. I primi di maggio 2013, la sua situazione peggiorò a tal punto che David non riuscì più a recarsi in farmacia, così le farmaciste iniziarono a portare le medicine a domicilio senza costi aggiuntivi.
Un giorno di metà giugno, arrivò la notizia che David era stato ricoverato nel locale ospedale. Lo stesso giorno, una donna di nome Brenda, che dichiarò di essere la moglie di David, ma la cui esistenza fu una sorpresa per tutti, chiamò la farmacia chiedendo se qualcuno poteva tenere il suo cane, poiché il giorno dopo sarebbe partita per gli Stati Uniti. Il cane venne preso in consegna da Cecilia Vaccarella, la figlia di Michela Nardone, e Brenda lasciò David senza niente: tutti i suoi averi sparirono.
In ospedale, David venne assistito anche dal figlio di Michela, Lorenzo Vaccarella, dipendente dell’ospedale stesso. Cecilia e Francesca continuarono ad assisterlo portandogli i pasti. David espresse il desiderio di essere sepolto in un cimitero ebraico. Marina, la titolare della farmacia, contattò un’amica, Giulia Sonnino, che a sua volta si mise in contatto con Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, affinché David venisse trasferito d’urgenza all’Ospedale Israelitico della capitale, dove morì tre giorni dopo. Sebbene la richiesta venne fatta di venerdì, Riccardo Pacifici riuscì a farlo trasferire immediatamente, velocizzando il trasferimento che avrebbe potuto essere ritardato. Pacifici chiamò anche un membro di lingua inglese della Comunità ebraica, nonché membro del Consiglio di amministrazione dell’Ospedale israelitico, il dr. Larry Kay, affinché visitasse David. Il dr. Kay fu l’ultima persona che incontrò David.
Non avendo prove del fatto che fosse ebreo, l’Ufficio rabbinico di Roma non poté autorizzare il funerale nel cimitero ebraico, ma grazie alle informazioni ricevute dalla madre di David, Nancy, tramite sua nipote Barbara Weiss, grazie alla collaborazione di Rav Joseph Gopin di Chabad nel West Hartford, a Cheryl Goldberg e Jane Zande dell’amministrazione della Congregazione Beth Israel del Connecticut, Rav Lazar, direttore di Chabad Piazza Bologna a Roma, riuscì a ricevere dei documenti (l’immagine sottostante contiene informazioni sul funerale della nonna di David) che consentirono a David di ricevere il funerale ebraico.
La Comunità ebraica di Roma, tramite il segretario, Emanuele Di Porto, e l’Ufficio rabbinico, formato dal Rabbino Capo Riccardo Shmuel Di Segni, da Rav Ariel Di Porto, da Rav Gad Eldad e dal Maskìl Joseph Pino Arbib, sostenne le spese e si occupò del funerale nel cimitero ebraico tramite la agenzia funebre IFI.